di Marco Marchi
Ogni anno, con ciclica precisione, assistiamo ad una esplosiva fioritura della nostra città; in pochi giorni viene donata una nuova patina al consumato fascino di un gioiello da esporre a parenti o amici vicini e lontani.
E’ bello il fermento e l’impegno con il quale in molti operano.
Si vedono operatori che ripuliscono con meticolosa precisione dalle erbe e dai mozziconi di sigaretta gli interstizi delle pietre nelle piazze del centro usando puntali.
Si vedono operatori, novelli archeologi, che portano alla luce le linee segnaletiche stradali.
Si vedono operatori che curano il verde delle rotonde, le siepi dei viali di accesso e le piante travasate nei vasi-panchina.
Si vedono soprattutto giovani e ragazzi che imparano a promuovere il patrimonio di cui dovranno essere custodi negli anni a venire.
Tuttavia la bellezza di questa esperienza dura il tempo di una fioritura per poi svanire nella trascuratezza e nella sbadataggine di molti cittadini.
Stiamo parlando, in realtà, di attività di manutenzione che dovrebbero essere ordinaria gestione; chi ci amministra dovrebbe pianificare regolarmente interventi come sopra descritto per concedere ai propri cittadini la possibilità di vivere ogni giorno in un contesto che li motivi, li includa e li renda felici di trascorrere la vita in un luogo che amano, curano e promuovono.
Quando gli spazi pubblici sono ben curati, ispirano fiducia e senso di appartenenza: una città fatta di luoghi, che i cittadini amano e identificano come propri, è protetta, preservata, accogliente e accudita come il bene collettivo.
Sarzana è un fiore che deve sbocciare in ogni momento dell’anno ma lo può fare solo se amministrata da cittadini che la amano, che identificano come propri gli spazi pubblici, che mettono al primo posto il bene collettivo.