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CALLL, l’intervento di Chiappini in Consiglio comunale

L’intervento del Consigliere Chiappini, capogruppo di Sarzana in movimento
Pubblicheremo la dichiarazione di voto dopo il Consiglio comunale in cui essa verrà effettuata, non essendo stato possibile farla nella seduta del 17 causa sospensione.
“Parto dal fatto di cui oggi si discute, cioè che la società CALLL, Centro Agroalimentare del Levante Ligure e Lunigiana, ha programmato la costruzione di un capannone commerciale da adibire al commercio all’ingrosso “cash and carry”.
Indipendentemente dalle novità che possono essere intercorse in questi ultimi tempi e dal fatto che non siamo sicuramente favorevoli ad un altro capannone,

torno a quanto ha scatenato la questione Pallodola,

ovvero la prima ipotesi di costruzione di un immobile con un investimento di 3 milioni e mezzo di euro, da locare ad un privato con la contropartita di un affitto, stabilito a base d’asta, di 260.000 euro per 6 anni di contratto e con facoltà di recesso con preavviso di 6 mesi da parte del contraente.
Per reperire il finanziamento dei 3 milioni e mezzo, la società avrebbe dovuto aprire un mutuo quanto meno ventennale, esponendosi così per almeno 6 milioni di euro con gli interessi.
Moltiplicando la base d’asta per 6 anni, e sempre sperando che l’ipotetico affittuario non receda prima, l’entrata sicura sarebbe stata di 1 milione e 560 mila euro; meno della metà della somma ottenuta col mutuo, lasciando tutto il resto a rischio della partecipata CALLL e sempreché con quei soldi si intendesse solo liquidare la banca e non investirlo in altre operazioni permesse dal nuovo statuto stilato nel 2015, come operazioni finanziarie o l’acquisto di azioni di altre società addirittura anche estere. E qui mi viene in mente quando ACAM acquistò derivati farlocchi che in poco tempo costarono 11 milioni di euro ai cittadini proprietari della società.
Non ci vuole molto a capire che questo progetto di CALLL sia stato una furbata galattica perpetrata da menti che di finanza, ma pure di conti domestici, probabilmente, sempre che dietro non ci sia qualcos’altro, non capiscono molto o forse giocano con le tasche dei cittadini sarzanesi… e non credo sia necessario ricordare un’altra furbata galattica chiamata Sarzana Valorizzazione Patrimonio per dimostrarlo.
Ma il bello è che le stesse menti che stanno dietro questa operazione sono riuscite ad arrivare al paradosso di ritenere “economicamente insufficiente” l’offerta arrivata dalla società Sidal, di Pistoia, che ha proposto 320.000 euro, ben 60.000 euro in più della base d’asta, superando la seconda società partecipante, la Sogegross di Genova, che ne ha offerti 280.000.

Cioè… siamo veramente allibiti: proponi come base d’asta al miglior offerente 260.000 euro, te ne offrono 320.000 e tu gli dici “scusate, ma non bastano”?

Qualcosa non quadra: o c’è qualcosa sotto che non è uscito o siamo al ridicolo.
In tutti e due i casi, è oramai certo che non ci si possa fidare di questa attuale dirigenza societaria, peraltro probabilmente scelta per linea partitica dal Sindaco, visto che il curriculum dell’Amministratore nominato non accenna minimamente alle caratteristiche ed alle esperienze necessarie per condurre un’ azienda del genere.
Come oramai non ci si può fidare neppure dell’Amministrazione comunale che la tiene in carica dopo questa figuraccia al cospetto del mondo e che da anni doveva esercitare il famoso “controllo analogo” sulla sua partecipata, previsto dalla legge, ma che non ha mai fatto. E su questo tornerò dopo.
Parliamo, peraltro, di una società che, a fronte di bilanci che hanno visto attivi irrisori tra i 5.000 e i 19.000 euro tra il 2009 e il 2015, con un primo bruttissimo segnale negativo nel 2014 di 95.000 €, dovuto al fallimento di società affittuarie, è

attualmente indebitata per quasi 8 milioni.

95.000 € che sono stati appianati col fondo di riserva non ripristinato, a dimostrazione di quanto la società sia esposta a crisi del settore.
Parliamo ancora, fra l’altro, di una società che non è certo fortissima ed in ferrea salute giacché il trend dei ricavi degli ultimi anni è, si, in crescita – è, infatti, intorno al 9% -, ma quello dei costi è in crescita maggiore, visto che supera il 15%.
Basterebbe già questo per capire che è una società a rischio… ma voglio darvi ancora un dato: il fatidico MOL – per chi non lo sapesse con MOL si indica la differenza fra ricavi e costi – è diminuito ed oggi garantisce solo qualche euro in più della copertura degli interessi sull’indebitamento, che possiamo ben definire enorme, cosa che impedisce alla società di autofinanziarsi ed investire.
Peraltro non serve un esperto per capire che in una società che ricorre a prestiti con interessi superiori alla rendita del capitale investito, qualcosa non quadra. Non solo non può certo correre e rischia di inciampare e cadere rovinosamente ad ogni alito di vento, ma se devo rimborsare 10 per avere 100 e con quei cento guadagno 5 il giudizio finanziario è impietoso.

E quindi siamo ai debiti.

La società al 31 Dicembre 2015 era indebitata con le banche per 7.747.997 € per 11 mutui e nel 2016 ha contratto un altro prestito quinquennale per 50.000 € a dimostrazione di quanto ho detto prima: la società non è in grado di autofinanziarsi e ricorre sistematicamente all’indebitamento.
Di questi 12 mutui i cinque iniziali sono contratti con Cassa depositi e prestiti per un debito residuo di 6.423.477 €

totalmente in carico al Comune di Sarzana che non ha stipulato garanzie fidejussorie,

come si ipotizzava, però ha invece addirittura garantito la società con delegazioni di pagamento che vengono rimborsate successivamente.

Cioè: prima noi paghiamo e poi la società ci rimborsa.

Geniali. Facciamo da cassa per la società.
Magari l’ Assessore al bilancio vorrà smentirmi, ma temo non possa, perché basta guardare lo schema dei crediti/debiti allegato ai bilanci del Comune per vedere come ad ogni fine d’anno la società è debitrice verso il comune di 236.000 € che è proprio la semestralità della delegazione di pagamento garantita dal Comune. Ora il bilancio così buono decantato dall’Amministratore Destri sarebbe stato negativo se solo avessero iscritto la somma a bilancio. Il bello è che di questa somma arretrata la società ne ha liquidato solo 75.000 in quest’anno con un debito ancora pendente per il 2016 di circa 161.000 €. E non è neppure tutto perché mi risulta che neppure la prima semestralità del 2017 sia stata saldata per un debito attuale della società nei confronti del comune di circa 396.000 € il tutto senza che il comune applichi il benché minimo tasso di interesse per quella che è di fatto una anticipazione di cassa della società.
E apro una parentesi per ricordare che la CALLL ha ricevuto cartelle di riaccertamento IMU/ICI per il periodo 2009 – 2012 che non ci risultano evase come avevamo già segnalato nell’intervento sul rendiconto 2016.
Ma torno ai mutui.
Degli 11 mutui (pre-2016, ndr), i primi 5 sono quelli in carico al comune e i primi tre sono stati rinegoziati nel 2007 e diluiti in 30’anni portando la scadenza dal 2022 al 2037. Evidentemente, se si è fatto questa scelta con l’avvallo dell’allora amministrazione, vuol dire che già a quei tempi l’amministrazione era a conoscenza che la situazione finanziaria non era bellissima.

E non è che il Comune non debba rispondere dell’altro milione e 300.000 rimanente, visto che è socio al 78%!

Premesso questo, vorremmo capire con quale criterio e prospettiva il Consiglio di amministrazione e l’assemblea dei soci abbiano dato il via libera ad una operazione rischiosissima, per noi scellerata alla stregua di quella di Sarzana Valorizzazione Patrimonio, che avrebbe portato l’esposizione debitoria della società a 13/14 milioni di euro, aggiungendo ai 7 e 7 attuali altri 6/7 milioni per la realizzazione di capannone e pertinenze.
Ecco, la favoletta della società in salute, per favore, andate a raccontarla a qualcun altro.

Ma i geni che hanno pensato a questo affare del capannone, lo sanno che stanno rischiando soldi dei cittadini e non i loro?

Certo che si. Lo sanno. Siamo convinti. E questa è la cosa più grave.
E allora perché non passare almeno dal consiglio comunale, se non anche prima dalla Commissione affari Istituzionali per la modifica dello statuto, per informare della trovata e chiederne il consenso?
Perché modificare uno statuto che oggi permetterebbe alla società operazioni finanziarie ed immobiliari totalmente al di fuori della sua mission e, addirittura, dell’interesse sociale o di servizio pubblico che ne giustificherebbero il mantenimento come società partecipata?
Penso che ognuno, in questo consesso, sappia, o debba obbligatoriamente sapere, che da molto oramai, ma soprattutto coi recenti decreti Madia che hanno ben chiarito i limiti, una società partecipata può essere giustificata solo se è necessaria alle funzioni sociali del comune e non sia, invece, configurabile come una società che persegue profitto.
In particolare alcune sentenze di TAR individuano come società che perseguono profitto quelle che annoverano fra i ricavi principalmente i proventi di affitti e pare indubbio che la nostra CALLL sia una società che fa degli introiti degli affitti la base del bilancio, se è vero, come è vero, che, per il mancato pagamento dei canoni da parte di alcune società affittuarie fallite, il bilancio 2014 è finito in rosso, compensato dal fondo di riserva.
Ora, che questa sia una società che non ha più una mission chiaramente di servizio pubblico, si evince in maniera lapalissiana anche proprio dalla nuova versione dello statuto della società registrato nel Marzo 2015 presso il notaio Chianca a firma dell’ allora assessore Sara Accorsi per conto dell’ Amministrazione. Una versione che l’ha allontanata ancor di più da una qualsiasi giustificazione di interesse sociale comunale visto che basta leggersi il punto uno alla lettera D, della delibera statutaria per averlo ben chiaro sommandolo a quanto ho detto prima.
A prescindere dal fatto che sia chiarissimo come la società partecipata faccia parte di questa tipologia di società, quindi fra quelle alienabili dal Comune, queste nuove attribuzioni ci riportano, con le dovute proporzioni, ai tristi tempi in cui la partecipata per antonomasia ACAM faceva operazioni spericolate di finanza ed investimento che hanno contribuito alla costruzione del debito mostruoso di cui ben sappiamo e stiamo pagando le conseguenze.
Credo poi anche che ognuno dei colleghi consiglieri oramai sappia che i debiti delle società partecipate devono essere garantiti dai bilanci dei comuni già dal prossimo Settembre. E anche qui torno più direttamente all’amministratore Destri che ha dichiarato a mezzo stampa che, riporto testualmente: “I costi di costruzione – del capannone e pertinenze – sarebbero stati coperti da un finanziamento ottenuto con un primario istituto di credito a livello nazionale. Tutto ciò, e lo sottolineo, senza la necessità di garanzie o di fidejussioni da parte del Comune di Sarzana.
Anche qui i casi sono due o Destri non sa che i debiti delle partecipate sono comunque garantiti dai soci, ed in questo caso dal Comune al 78%, e sarebbe grave, oppure lo sa e ci prende in giro, perché vorrebbe dire che gioca coi soldi o i beni degli altri, in questo caso dei cittadini.
Dice ancora Destri, riporto sempre testualmente, che “Il costo di costruzione infatti sarebbe stato coperto dal canone di locazione”… ma, come ho detto prima, la garanzia del contratto copriva solo circa un quarto del debito ventennale che avrebbe contratto, salvo, oltretutto, tragici fallimenti della società affittuaria che metterebbe a rischio anche questo. Dice, quindi, una cosa non vera.
E ancora dice, sempre virgolettato in articolo di stampa: “La valutazione delle offerte da parte del Consiglio e del Collegio sindacale ci ha fatto ritenere che le stesse non fossero adeguate al piano finanziario e pertanto ci siamo avvalsi della facoltà prevista dal bando di non aggiudicare la gara”.
A prescindere da come finirà questa discussione, anticipo che chiederò un accesso agli atti per ottenere copia dei verbali del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale perché dire: “affitto un capannone a chi offre di più di 260.000 euro all’anno” e poi arriva uno che te ne offre 320.000, quasi un quarto di più di quello che chiedevi, e tu gli rispondi: “no, grazie, non è abbastanza” è veramente una cosa fuori dal mondo che copre la società, e quindi il Comune, di ridicolo. Spero che nei verbali ci sia una valida motivazione che possa evitare questo giudizio.
Questa, credo senza tema di smentita, è la situazione della partecipata al 78% CALLL”.
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