Pubblichiamo la traccia dell’intervento di introduzione di Fabrizio Franco al Convegno del 17 marzo su Beni comuni e democrazia tenutosi a La Spezia)
Le ragioni del mercato e di un’economia intesa come corsa alla produzione e al consumo, dove quel che conta è quanto cresce il PIL, indipendentemente da chi, cosa e come lo produce, stanno imbarbarendo le società rendendole prone a chi ha il monopolio locale o globale del potere – i mercati e i vari governi più o meno autoritari. Dalla Cina alla Turchia, dalla Russia al Sudamerica, dall’India all’Africa, la parola d’ordine è: autoritarismo o caos, i cittadini si rassegnino.
Anche in Occidente, ultimo baluardo delle libertà civili e delle tutele sociali conquistate con decenni di lotte di milioni di lavoratori e lavoratrici, una globalizzazione senza regole e politiche di austerity protratte oltre ogni ragionevole limite rischiano di rimettere in discussione quelle libertà e quelle conquiste e alimentano pulsioni nazionalistiche, xenofobe e autoritarie. I partiti tradizionali e di governo non riescono più a convincere grandi masse di cittadini con le solite promesse o le immagini edulcorate della realtà e si guardano bene dal promuovere il presupposto di una autentica democrazia: una corretta e completa informazione. Questo spiega i risultati elettorali che premiano demagoghi e professionisti della paura.
Noi continuiamo a credere viceversa che sia ancora possibile governarci con la forza della ragione e del diritto e con il consenso informato dei cittadini. La nostra iniziativa odierna vuole essere un piccolo contributo in questa direzione: dare un’occasione alla cittadinanza di discutere su argomenti poco o nulla proposti in campagna elettorale e accuratamente evitati in tempi normali, fino al punto che è stato negato a una collettività – quella spezzina – il diritto di formarsi un’opinione su questioni di vitale importanza per la generalità dei cittadini, come il servizio idrico, contraddicendo non solo la Carta costituzionale ma financo un regolamento comunale. È stata così negata la possibilità di svolgimento di un referendum consultivo sull’aggregazione ACAM-IREN con la motivazione che tanto ormai la decisione era stata presa. Lor signori vorrebbero darci a intendere che si tratta di una questione tecnica e non politica: ACAM ha troppi debiti e deve quindi rifugiarsi sotto le spalle ampie di una grande multiutility (IREN) che viene contrabbandata per una azienda a maggioranza pubblica, ma che di fatto si muove secondo logiche private.
Se il debito di ACAM è la motivazione dell’aggregazione, non si può affrontare la questione del servizio idrico e dei sevizi pubblici locali senza affrontare quella del debito. Ecco il motivo della presenza qui oggi di autorevoli esponenti di ATTAC e di CADTM, associazioni nate per difendere la democrazia e i beni comuni dalla tirannia dei mercati, esercitata attraverso l’uso politico del debito. È di pochi giorni fa una loro proposta di Carta della Rete dei Comitati per l’Audit sul Debito locale che viene sottoposta a tutte le realtà attive sui temi dei diritti sociali, dei beni comuni, dei servizi pubblici e della democrazia.
L’incontro di oggi si inscrive , tra l’altro, nella Carovana “per il diritto all’acqua, per il diritto al futuro”, organizzata dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, che è partita il 1 febbraio e si concluderà il 24 marzo a Roma con un’iniziativa pubblica a carattere nazionale in vicinanza della Giornata Mondiale dell’Acqua. Si tratta di un doveroso sforzo di rilancio di un movimento, quello per l’acqua pubblica, che ha avuto il merito di aggregare culture ed esperienze differenti, facendo così intravedere nella battaglia per l’acqua il paradigma di un altro modello di società. Purtroppo, infatti, dal referendum del 2011 che ha visto vittoriosa la campagna contro la privatizzazione del servizio idrico, tutti i governi hanno ignorato e contraddetto il referendum. E oggi una strategia ben più subdola di quella sconfitta dal referendum favorisce i processi di fusione e aggregazione tra aziende con protagoniste le 4 mega-multiutility – A2A, Iren, Hera e Acea – già quotate in Borsa, per competere sul mercato globale, spartendosi da buone sorelle il centro-nord italiano.
La crisi idrica del 2017, provocata dalla siccità che ha investito tutto il Paese, ha fatto emergere le responsabilità di una gestione privatistica che risparmia sugli investimenti infrastrutturali per massimizzare i profitti e non ha alcuno scrupolo a sfruttare fino all’esaurimento le fonti idropotabili, come ci insegna la crisi idrica romana. Il surriscaldamento globale e i relativi cambiamenti climatici, lo sviluppo urbano, agricolo e industriale, sganciato da criteri di sostenibilità per il territorio e orientato al profitto, rappresentano minacce alla disponibilità di risorse idriche sufficienti per quantità e qualità.
Le privatizzazioni sono un’espropriazione del potere decisionale dei cittadini e delle comunità locali: è necessario reinventare nuovi processi decisionali, una democrazia partecipativa e una gestione pubblica informata a criteri di trasparenza e indipendente dai gruppi politico-affaristici.
Abbiamo denunciato le scelte tariffarie esose e antipopolari dell’AEEGSI (ora ARERA – Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente, con competenze anche sui rifiuti), la pesante violazione referendaria nella definizione del nuovo sistema tariffario che continua a garantire il profitto del gestore, la connivenza con l’abuso dei conguagli tariffari arretrati [ Ricordo che nella nostra provincia un Giudice di pace ha accolto il ricorso di un cittadino contro i recuperi tariffari di ACAM ACQUE e tuttora pende il ricorso di ACAM presso il Tribunale]. Come Forum dell’acqua chiediamo lo scioglimento di ARERA e il ritorno delle sue competenze al Ministero dell’Ambiente.
Così in Italia, in Europa e nel mondo, i movimenti continuano a promuovere il diritto umano universale all’acqua bene comune contro le multinazionali e le istituzioni del Consiglio Mondiale dell’Acqua [MILANO FINANZA] che vogliono decidere sulla testa dei cittadini e a cui, anche quest’anno da Brasilia, si contrappone il FAMA (Forum Alternativo Mondiale dell’Acqua – 17-22 marzo). Il movimento per l’acqua pubblica si inscrive pienamente nel percorso di riflessione e di lotta che ha visto una tappa fondamentale nella Carta di Genova del 2016, un patto innovativo tra il mondo dei movimenti anti-neoliberisti e quella parte del mondo cattolico che si rifà alla lettera enciclica ‘Laudato si’ del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune.
Oggi più di ieri è necessaria una radicale inversione di tendenza rispetto al modello di dominio liberista (fonte di disuguaglianze, iniquità e guerre) e i segnali di questa inversione di tendenza si vedono: una recente ricerca ha appurato che più di 1600 città in tutto il mondo hanno riportato i servizi locali sotto il controllo pubblico. Diviene sempre più importante riaffermare il valore paradigmatico dell’acqua come bene comune, ribadendo che: l’acqua è un diritto umano universale e fondamentale ed è la risorsa indispensabile per l’equilibrio degli ecosistemi; l’acqua è un obiettivo strategico mondiale di scontro con il sistema capitalistico-finanziario; la gestione partecipativa delle comunità locali è un modello sociale alternativo.
Per il Comitato ABC (Acqua Bene Comune)
Fabrizio Franco