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21 luglio, mojiti e sgabei

di Giorgio Giannoni

In questa mattina domenicale di agosto, rinfrescata da un poco di pioggia inaspettata, abbiamo trovato sul Secolo XIX un ulteriore motivo di sollazzo e di compiacimento: la critica, precisa, argomentata di Nicola Caprioni sull’installazione del fantomatico bosco in via Mazzini, durante lo svolgimento della notte bianca.
Vorremmo aggiungere qualche considerazione partendo proprio dalla constatazione di come la creatività, in questi tempi di basso impero, debba necessariamente fare rima con ritorni economici e conti della serva.
Il professor Federico Luci ha giustamente sottolineato la sostanziale tracotanza di coprire con tubi di ferro e sfalci d’edera nostrana gli splendidi palazzi della via Francigena rilevando, indirettamente, la necessità, in questo millennio, di stupire, di amplificare grottescamente all’infinito un qualsiasi evento. Necessità ineludibile oramai, visto lo scadimento culturale della società italiana. Non è più sufficiente la bellezza fine a se stessa, evidente nella sua storica semplicità. Occorre invece condirla con improbabili aggiunte e stolti marchingegni conditi poi con dj e musica roboante per meglio cogliere nella calca calcistica quello che è il semplice messaggio: divertitevi senza tante storie.
Badate bene, non ho nulla contro il divertimento o un poco di sballo contenuto. Quello che fa specie è l’improprio connubio tra essi e la cultura. E’ la nuova visione franceschiniana che per divertirti devi inventarti improbabili feste cittadine con date culturalmente poco chiare, servirti di monumenti e storia per vendere mojiti e sgabei e addobbare la città di presunta creatività.
Leggo che anche Fiammetta Gemmi è entrata pesantemente nella querelle. Mi dispiace osservare come una persona notoriamente legata ad una visione culturalmente più costruttiva della città abbia queste cadute di stile. Ma si sa, i conti devono tornare e la famiglia Gemmi, da questo punto di vista, rappresenta la tradizione.
Ho lasciato volutamente per ultimo la questione della data del 21 luglio perché nella contingenza temporale di quest’anno emerge chiaramente una scelta di fondo: prima il divertimento, i turisti, il ritorno economico poi, la memoria storica della città.
Bastava semplicemente ricordare il 21 luglio 1921 il venerdì e festeggiare la concessione del titolo di città (21 luglio 1465, data su cui vi sono molti dubbi) il sabato (giorno oltretutto più adatto per lo sballo prolungato della notte bianca) per rispettare un avvenimento che da tempo oramai ha acquisito un valore simbolico per la città troppo importante per passare in secondo piano.
La cerimonia in Comune di sabato 22 luglio con la premiazione del sindaco Pizzarotti di Parma è passata in second’ordine tra una ristretta presenza di cittadini e la proiezione del film su Sarzana (tra l’altro non proiettato ufficialmente da decenni). Troppo poco per la città e i suoi abitanti soprattutto in pieno clima revisionista.
Accogliamo dunque turisti e viaggiatori, festeggiamo la città e proponiamo notti bianche o tavole imbandite ma teniamoci stretta la nostra vera storia, le nostre tragedie, la nostra cultura. Solo con la forza del proprio passato una comunità può definirsi tale.

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